Ogni individuo ha uguale valore e diritti, sanciti dalla Costituzione, dalle direttive dell’Unione Europea sulla Parità di Trattamento e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tuttavia, vi sono alcune persone che sembrano non godere degli stessi diritti, per esempio nella ricerca di un lavoro o di un alloggio.
Ogni persona svilita e/o non trattata alla pari a causa del colore della sua pelle, della propria (presunta) etnia e cultura, nazionalità, lingua o religione, è vittima di discriminazione razzista.
Chi cede ad un approccio razzista, non considera le persone come individui, ma solo come parti indistinte di un gruppo, ritenuto meno degno del proprio. Ad esso vengono attribuite determinate caratteristiche, solitamente non veritiere, allo scopo di evidenziare la superiorità del proprio gruppo di appartenenza. Si tratta di un vero e proprio esercizio di potere, sviluppatosi in particolare a partire dalla colonizzazione dei continenti africano, americano e asiatico. All’epoca i governi colonialisti europei cercavano di giustificare lo sfruttamento di queste terre e la schiavitù dei loro abitanti, adducendo teorie razziste. Sebbene la scienza abbia ormai dimostrato che non esistono razze umane diverse, molti pregiudizi e forme di discriminazione continuano a dilagare nella nostra società.
Se non giudichiamo le persone in base alle loro azioni, ma le associamo indiscriminatamente a determinati gruppi, screditandole, le scoraggiamo a progredire e partecipare attivamente alla società.